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Tra strategia e reporting: le aziende italiane di fronte alle sfide della transizione energetica

Il cambiamento climatico rappresenta oggi una priorità e una sfida da affrontare a livello internazionale per mitigarne gli impatti, ormai evidenti, sul nostro vivere quotidiano. Per questo, a partire dal 2022, Deloitte monitora le modalità con cui le aziende affrontino e comunichino l’approccio alla mitigazione e all’adattamento ai cambiamenti climatici, analizzando in particolare il grado di attuazione delle Raccomandazioni della Task Force on Climate-Related Financial Disclosures delle società quotate.

Lo scorso 14 maggio 2024 è stata pubblicata la seconda edizione del Rapporto sullo stato di attuazione delle Raccomandazioni della Task Force on Climate-Related Financial Disclosures, dando seguito alla prima pubblicazione Deloitte in materia, rilasciata nel 2023.

Dalle analisi emerge la crescente consapevolezza delle imprese quotate circa la rilevanza del cambiamento climatico, testimoniata dal crescente interesse a riorientare i modelli di business in direzione della transizione climatica ed energetica, e cresce il numero di aziende disposte a rendicontare in modo trasparente sia gli impegni assunti che i risultati conseguiti.

Restano però una serie di aspetti su cui è necessario agire più velocemente, che vanno dalle ridotte competenze dei consiglieri di amministrazione in materia di cambiamento climatico, all’ancora scarsa diffusione di misure di adattamento e di impegni per la carbon neutrality, fino alla ridotta incidenza del climate change nelle politiche di remunerazione. Azioni previste anche dal legislatore nei nuovi requirements dettati dalla CSRD, che a partire dal 2025 impatterà su un numero crescente di aziende, obbligate a pubblicare informazioni sulle proprie performance in ambito di sostenibilità.

Più nello specifico, si evince che la disclosure relativa a rischi e opportunità è aumentata del 17% rispetto al Rapporto dello scorso anno, e quella relativa a temi di governance e di identificazione di obiettivi quantitativi è aumentata rispettivamente del 9% e 7% tra gli anni fiscali 2021 e 2022.

Emergono tuttavia una serie di aspetti su cui è necessario agire più velocemente, come: le ridotte competenze dei consiglieri di amministrazione in materia di cambiamento climatico, la scarsa diffusione di misure di adattamento e di impegni per la carbon neutrality e la ridotta incidenza del climate change nelle politiche di remunerazione.

In merito alla governance climatica, aumentano le aziende che scelgono di nominare almeno un consigliere dotato di competenze relative al cambiamento climatico e la sostenibilità, passando dal 18% dello scorso anno al 41% di quello corrente. Il 69% delle società indagate, inoltre, ha attribuito responsabilità in materia di sostenibilità a un comitato endoconsiliare specifico e il 44% delle società possiede una politica di remunerazione con obiettivi legati al cambiamento climatico, rispetto al 29% emerso lo scorso anno.

In relazione alla strategia adottata in risposta al cambiamento climatico, il campione italiano mostra come il 94% delle società riconosca il cambiamento climatico come tema materiale, che cresce fino al 100% nel caso dell’indice FSTE MIB.

In merito all’identificazione e al monitoraggio dei rischi e delle opportunità derivanti dal cambiamento climatico, l’87% delle società italiane li considera nei propri processi di gestione del rischio, seppure, in alcuni casi, in modo generico all’interno dei rischi di natura ambientale.

In merito ai target e le metriche per il monitoraggio e la riduzione delle emissioni, il 97% delle società del campione rendiconta le emissioni GHG Scope 1 e Scope 2 e, rispetto allo scorso anno, quasi il doppio delle società effettua attività di compensazione delle emissioni.

Infine, si evince che sempre più società (76% contro il 57% dello scorso anno) identificano nelle attività di sensibilizzazione un buon mezzo per diffondere una cultura sostenibile.

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