Vita in Deloitte

Marco Campi

L’arte moderna del revisore

Devo farvi una confessione: non sono mai stato un amante dei numeri, ma proprio mai. Al liceo e poi all’università, durante le ore di matematica, mi innervosivo guardando quei compagni che riuscivano a risolvere equazioni, limiti e integrali, così, senza sforzo apparente, saltando alcuni passaggi, svolgendo i calcoli a mente. I giochetti di logica, poi, mi provocavano una vera e propria sofferenza.

Quale carriera ho deciso dunque di intraprendere? Quella del revisore dei conti, del “controllore” dei numeri! Mi chiederete come sono potuto arrivare a fare questo lavoro vista la mia avversità per il mondo del calcolo.

Non siete certo i soli a porvi questa domanda, anche i miei amici più cari me lo chiedono spesso. Quando cerco di rispondere alla loro curiosità gli racconto di bilanci, di regole contabili, di partita doppia e nonostante lo sforzo il tutto si conclude sempre con un lapidario “…e quindi?”. Proprio come se stessero ammirando un quadro di arte moderna di cui non comprendono il senso.

Mi sono reso conto, nel tempo, che l’unico modo per comprendere davvero il lavoro del revisore è quello di provare ad esserlo. Quattro anni fa ho lasciato un curriculum, con tante perplessità e non senza preoccupazione e oggi posso dire di essermi appassionato a questo lavoro, sia per le attività che svolgo che per la soddisfazione professionale e personale che ne ricavo.

In fondo, appena laureato cercavo un lavoro che mi permettesse di trasmettere le conoscenze tanto faticosamente accumulate negli anni dell’università e che allo stesso tempo mi garantisse una crescita professionale: insomma, volevo finalmente dare risposte e allo stesso tempo poter fare domande, senza smettere di imparare.

In Deloitte ho trovato tutto questo.

A 29 anni ho la possibilità di sedere allo stesso tavolo dei manager delle società clienti (che generalmente hanno il doppio dei miei anni), di rispondere alle loro richieste, di proporre soluzioni strategiche, di suggerire alternative diverse tra cui scegliere, insomma di dare un contributo di alto livello e tangibile al progetto di lavoro. Inoltre, confrontandomi nel quotidiano con i referenti operativi (dall’impiegato dell’Ufficio Titoli, al gestore dei crediti, all’addetto alla contabilità) ho modo di approfondire le dinamiche tipiche del business dei clienti per cui lavoro.

Oltre a tutto questo, grazie al recente sviluppo a supporto della funzione “Audit” di un paniere di servizi “Assurance”, ho l’occasione di affiancare alle attività di revisione quelle tipiche della consulenza. Insomma, unire il saper scrutare a fondo i numeri, tipico dell’audit, al dinamismo del saperli raccontare, proprio della consulenza, ha reso ancora più stimolante il mio percorso professionale.

E se siete persone a cui piace essere sempre un passo avanti, sicuramente troverete nella Innovation Challenge, che teniamo annualmente, un’occasione per dimostrare la vostra capacità di sperimentare. Ho avuto la possibilità di presentare la mia idea ai vertici di Deloitte, di affinarla, di integrarla con le soluzioni proposte da altri colleghi e di contribuire, quindi, alla sua realizzazione.

Se a tutto questo aggiungo il fatto di poter lavorare in un contesto giovane e dinamico, forse può valere la pena tentare di soffermarsi almeno un attimo a riflettere di fronte alla domanda che molte persone e amici mi fanno quando gli dico che lavoro faccio.

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