Vita in Deloitte

Storie di coraggio e resilienza ai tempi del COVID-19

Ci siamo trovati a vivere una situazione di emergenza che ha rivoluzionato le nostre vite, portando a riconsiderare le nostre abitudini, la nostra quotidianità, le nostre certezze. Tutti, chi più chi meno, abbiamo dovuto rimboccarci le maniche per far fronte ad un contesto nuovo, quasi surreale. Ma anche in questo clima di incertezza e crisi non sono mancate le persone che hanno saputo offrire se stessi per il bene della comunità, donando ciò che di più prezioso possedevano: il proprio tempo.

La storia di Stefano, volontario della Croce Rossa e consulente

È da questi presupposti che nasce la storia di Stefano, consulente Deloitte e volontario della Croce Rossa Italiana, che in queste settimane è entrato nel cuore dell’azione, affiancando al suo lavoro in azienda anche dei turni come soccorritore per un’ambulanza Covid operante nel territorio di Bergamo, la zona più colpita dal virus. Un’esperienza che lo ha segnato e temprato e che ha voluto raccontarci attraverso il suo prezioso punto di vista.

Ciao Stefano, ci vuoi parlare della tua esperienza come Volontario per la croce Rossa?

Sono diventato socio del Comitato di Grandate della Croce Rossa Italiana circa dieci anni fa e da allora ho sempre partecipato sia alla vita associativa, sia a tutte le attività che la Croce Rossa Italiana svolge sul territorio. A causa dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, che ha visto coinvolta soprattutto la Regione Lombardia, Croce Rossa Italiana si è subito attivata per dare una risposta immediata sia a livello sanitario che a livello assistenziale per le fasce di popolazione più fragili. Io, come altri miei Colleghi Volontari del mio Comitato, siamo stati assegnati dal 27 marzo al 12 aprile, come Soccorritori per un’ambulanza Covid aggiuntiva, in supporto alle altre operanti sul territorio di Bergamo.

Per me è stato un onore poter effettuare questo servizio perché ho potuto toccare con mano l’umanità, la forza e la gentilezza di un popolo che seppur martoriato dal Corona Virus, si vergognava quasi di chiedere aiuto: ogni volta che entravamo in casa di un Paziente, lo stesso e i parenti ci chiedevano scusa per il disturbo.

Per noi è stato veramente difficile far sembrare tutto normale, considerando che la nostra presenza e la nostra empatia era sterilizzata da una tuta bianca per il contenimento biologico che ci avvolgeva completamente, maschere protettive, occhiali, calzari e tre paia di guanti. Il non poter guardare negli occhi il Paziente e sorridergli, in queste situazioni così delicate è veramente disarmante. Ci sono state poi anche delle belle sorprese, come quella di alcuni bambini che ci hanno portato delle ambulanze da loro realizzate con i Lego, o al soprannome che ci hanno dato “Globuli Bianchi”, perché ai loro occhi noi eravamo quelli che li difendevano ed eravamo, come nel famoso cartone animato, vestiti tutti di bianco.

Stai mettendo a disposizione il tuo tempo per il bene comune, cosa consigli ai tuoi Colleghi per poter essere d’aiuto nella situazione di emergenza che stiamo vivendo oggi? 

Tutti stiamo contribuendo al bene comune, dal personale medico e infermieristico a noi Volontari, ma anche le persone che stanno rispettando le regole per il contenimento di questa epidemia. L’unico consiglio che mi sento di dare, oltre a chiedere di rispettare tutte le indicazioni delle Autorità competenti, è quello di non abbassare la guardia, di continuare a combattere e di resistere, perché da questa crisi ne usciremo tutti, insieme ed uniti. 

Comprendo che dover stare rinchiusi in casa è difficile, stressante e logorante, ma è l’unica arma che oggi noi abbiamo. Il nostro Presidente Nazionale ha definito questa emergenza come “una Solferino contemporanea” (evento fondamentale per la nascita del Movimento Internazionale della Croce Rossa) dove tutti sono chiamati a dare il proprio contributo, senza mai dimenticare che qualsiasi gesto può fare la differenza. Ed è anche per questo che mi sento vicino a tutti i Volontari che ogni giorno si impegnano sul territorio, e alle famiglie dei Colleghi di Croce Rossa Italiana che hanno lottato con noi, per noi, e che ora non ci sono più. Ai nostri Colleghi di Croce Rossa Italiana che non ce l’hanno fatta va il nostro grazie e la nostra riconoscenza.

Hai detto che facevate turni, com’è un turno tipo?

La giornata si divideva in due turni: il giorno, dalle 8 alle 20 e la notte, dalle 20 alle 8. Essendo Bergamo relativamente vicina alla nostra sede, avevamo deciso di rientrare a casa ogni fine turno. Ci trovavamo in sede circa un’ora e mezza prima del turno assegnato, prendevamo il mezzo e raggiungevamo la postazione operativa. Non essendoci spazi per essere ospitati nei comitati locali della Croce Rossa, ci era stata trovata, presso la biblioteca del Comune di Paladina, una sistemazione di fortuna, dove dormivamo e “vivevamo”.

Prima di prendere servizio facevamo il passaggio di consegne con i Colleghi che smontavano dal turno precedente, dopodiché passavamo alla preparazione del materiale di autoprotezione, procedevamo alla pulizia dell’ambulanza allo scopo di sanificare gli interni, effettuavamo la check list di tutto il materiale presente. Terminata questa fase preparatoria si era completamente operativi. Le attivazioni dei nostri interventi avvenivano tramite la piattaforma EmmaWeb, ovvero tramite uno smartphone sul quale veniva inviata la missione da parte della Centrale Operativa, con il dettaglio del richiedente, il motivo della chiamata e altre note sanitarie. Quando la centrale era conoscenza che il Paziente era un Covid positivo, ci chiamava per dirci “Ragazzi, Covid positivo, vestitevi e buon lavoro!”. Parole che sempre facevano gelare il sangue, ma che ci aiutavano a concentrarsi e a focalizzarsi sull’obbiettivo.

La vestizione durava più di una decina di minuti per i molti presidi da indossare: tuta completa in Tyvek, calzari, cuffia per i capelli, machera FFP2, visiera o maschera e tre paia di guanti, il tutto con una continua disinfezione delle mani. Una volta concluso l’intervento, in funzione del tipo del Paziente soccorso, veniva effettuata prima la nostra svestizione, che anche in questo caso richiedeva circa dieci minuti e, successivamente la sanificazione dell’ambulanza tramite appositi macchinari.

Di fronte a questo bellissimo esempio di umanità e coraggio non possiamo che riflettere tutti su quanto questa situazione ci stia sì mettendo alla prova, ma anche tirando fuori il meglio che ciascuno di noi può offrire al mondo. Stefano ci sta dimostrando che con la forza di volontà e la voglia di fare del bene si può fare tanto, e di questo non possiamo che sentirci orgogliosi e vicini a lui.

L’idea di Margherita tra machine learning e queue management

Quella che stiamo vivendo oggi è una situazione di emergenza, che ci sta mettendo a dura prova e che ogni giorno ci porta a cambiare la nostra quotidianità e ad adattarci a nuovi contesti, con resilienza e forza di volontà. Ma sono proprio contesti come quello odierno che ci portano a tirare fuori capacità, coraggio e nuove idee per fronteggiare le avversità. Una sfida che ci obbliga a tirare fuori il meglio di noi stessi, per il bene della comunità.

Ed è questo ciò che ha spinto la nostra collega Margherita Mura, data scientist e parte del team D.Lab, il team di Deloitte Audit & Assurance dedicato all’innovazione, quando, insieme ad altri due coetanei del suo paese d’origine Bollate ha ideato un sistema semplice ed efficace per snellire le file al supermercato.

Una proposta che ha generato da subito molti consensi e che già dopo una settimana dalla sua applicazione ha portato dei risultati positivi nel comune di Bollate, risultati che saranno presto replicabili in altri comuni che hanno deciso di adottare lo stesso sistema ideato da Margherita. Abbiamo voluto chiedere direttamente a lei di parlarci di questa esperienza:

Ciao Margherita, nella situazione odierna la tua idea, semplice ma di estrema utilità, ha portato a migliorare la vita di molte persone. Come è nata quest’idea?

Sabato scorso io e il mio ragazzo, anche lui ingegnere gestionale, stavamo parlando delle code interminabili viste sui social dei nostri amici. Così abbiamo pensato di trovare una soluzione: all’inizio pensavamo di allocare uno slot di tempo a persona a settimana, in cui ogni persona fosse libera di scegliere e prenotarsi il suo posto al supermercato in una determinata ora. Ho scritto quindi al sindaco di Bollate, il comune in cui vivo di 36.000 abitanti, che è stato subito propositivo. Abbiamo infatti discusso insieme dei limiti che avevamo trovato nella mia proposta e abbiamo pensato che avremmo potuto allocare le persone in due slot alla settimana complementari (una mattina e un pomeriggio) in base all’ordine alfabetico dei cognomi dei cittadini, per permettere a tutti di fare la spesa anche più di una volta a settimana, ma garantendo un numero di persone limitato per fascia oraria. In questo modo abbiamo trovato un metodo per razionalizzare l’indeterminatezza del numero delle persone che si recano al supermercato e contenuto il numero delle persone che escono da casa.

Mettere le tue conoscenze a disposizione del bene comune è ciò che hai fatto tu. Cosa consigli ai tuoi colleghi per poter essere d’aiuto nella situazione di emergenza che stiamo vivendo oggi?

Penso che oggi la vera battaglia la stiano facendo medici, infermieri e tutto il personale coinvolto a sostenere il sistema sanitario italiano. Seguiti da tutti coloro che stanno garantendo i fabbisogni primari di tutti i 60 milioni di italiani. Penso però che ognuno di noi possa fare qualcosa per migliorare questa situazione e che sia fantastico mettere a disposizione le proprie competenze per il bene comune.

Noi di Deloitte nei nostri studi abbiamo avuto l’opportunità di studiare da vicino il queue management (la gestione delle code) e il machine learning, quindi è stato spontaneo pensare a un modello simile a quello che abbiamo poi implementato.

I passaggi che sono venuti dopo sono stati spontanei: è stato necessario fare un tentativo e coinvolgere chi ha la responsabilità e il potere per gestire l’emergenza, ma che ha comunque bisogno di una mano per fronteggiarla al meglio.

Quello che ho imparato è che tutti noi possiamo dare il nostro contributo: anche con un’idea semplice si può fare la differenza.

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