Posted: 07 Feb. 2020 5 minuti Tempo di lettura

Innovazione e investimenti, le sfide per le PMI secondo l'Istat

I dati dimostrano che le aziende italiane hanno ottime prospettive di crescita

Competere in un contesto globale coniugando trasformazione tecnologica e sostenibilità: è questa la grande sfida che attende il mondo del business nei prossimi anni.

Una sfida a cui anche le PMI italiane devono prepararsi con strategie adeguate: di piccole dimensioni, ostacolate dalla burocrazia, timide su innovazione tecnologica e apertura ai mercati internazionali, le PMI del nostro Paese, secondo il censimento permanente 2019 di Istat, devono tenere il passo per adeguarsi ai trend dell’economia globale. Ma il potenziale di successo è altissimo: leader per qualità di prodotti e servizi e con punte di eccellenza internazionalmente riconosciuta, le aziende italiane hanno grandi opportunità di crescita che le attendono. Per raggiungere questo obiettivo, però, serve una strategia integrata per superare gli ostacoli che oggi le frenano.

Secondo i dati raccolti da Istat, infatti, le aziende italiane continuano a presentare caratteristiche che, in molti casi, le svantaggiano sui mercati internazionali: otto imprese su dieci tra quelle censite (il 79,5%) sono microimprese, cioè hanno al massimo 9 addetti. Solo il 2,3% delle imprese sono medio-grandi, ovvero, hanno più di 250 addetti. Ma sono proprio queste le aziende che hanno più chance di sopravvivere nel mercato della competizione globale. E, non a caso, il trend registrato da Istat in Italia, si allinea a quello mondiale: tra il 2011 e il 2018 oltre 12 mila aziende italiane sono state costrette a chiudere, mentre il numero di addetti è cresciuto di oltre 500 mila unità. In altre parole, le aziende medio-grandi sono riuscite a reggere il ritmo della competizione. Le altre, invece, fanno fatica.

Un'altra costante del panorama imprenditoriale italiano rilevata da Istat riguarda la gestione aziendale: 3 aziende su 4 con almeno tre addetti (il 75,2%) continuano a essere controllate da una persona fisica o da una famiglia. All’aumentare delle dimensioni aziendali, cresce la propensione alla gestione manageriale, che interessa il 9,2% delle medie imprese e il 21,2% delle grandi. Siano ostacoli finanziari o culturali, le PMI continuano a fare a meno di una gestione manageriale professionale e questo, spesso, pregiudica il superamento di quei bias culturali che impediscono alle aziende di crescere e diventare competitive.

Ma oltre il 20% delle imprese, nel periodo 2013-2023, ha realizzato o realizzerà un passaggio generazionale: un passaggio di testimone che potrebbe portare a quel cambio di passo di cui molte PMI hanno bisogno. Solo nel triennio 2016-2018, secondo Istat, oltre 3 imprese su quattro (il 77,5%) con 10 o più addetti hanno attuato processi di digitalizzazione e hanno investito in nuove tecnologie. Ma spesso questi processi sono limitati e non vanno di pari passo all’aggiornamento delle skill dei lavoratori. A lamentare l’inadeguatezza della formazione dei lavoratori rispetto alle nuove esigenze del mercato sono soprattutto le grandi aziende, che in futuro dovranno investire sempre di più per aggiornare le proprie risorse umane.

A fronte di queste criticità che rendono vulnerabili le imprese italiane nello scenario globale, i punti di forza delle PMI sono chiari e ci permettono di essere ottimisti: secondo Istat la qualità resta il principale fattore competitivo delle aziende italiane, come dichiara il 71% delle aziende con almeno 10 addetti. Questo significa che anche se sono piccole, le aziende italiane producono beni (o servizi) difficilmente sostituibili e che, per questo, possono farsi largo anche in mercati esteri, dove l’appeal del made in Italy rimane forte. Dotate di una brand identity e di una reputazione di altissimo profilo (soprattutto nei settori trainanti del food, fashion e forniture, che da sole valgono un terzo del made in Italy), le aziende italiane, se disposte a innovare nei settori strategici necessari, hanno ottime prospettive di crescita e profitto.

Le PMI possono liberare il proprio potenziale solo se accompagnate in questa fase delicata di transizione tecnologica. Una sfida in cui noi di Deloitte Italia siamo impegnati in prima linea con Impact for Italy, il progetto con cui vogliamo dare il nostro contributo come attori di cambiamento per il Paese. Vogliamo infatti metterci al fianco di tutte queste realtà attraverso un consolidato approccio multidisciplinare e supportare il sistema economico verso uno sviluppo sostenibile. La chiave di volta sta nel riuscire a trovare l’equilibrio tra orientamento nel lungo periodo ed esigenze a breve termine per garantire il prolungato successo della propria organizzazione, ma anche per creare valore e competitività sui mercati sovranazionali.

Censimento permanente delle imprese 2019

Istituto nazionale di statistica

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Fabio Pompei

Fabio Pompei

CEO Deloitte Italy e Central Mediterranean

Chief Executive Officer di Deloitte Italy e Central Mediterranean da giugno 2019, membro del Comitato Esecutivo di Deloitte North South Europe e dal 2023 del Comitato Esecutivo di Deloitte Global. In precedenza, è stato membro del Deloitte Global Board, Amministratore Delegato di Deloitte & Touche S.p.A.; ha inoltre ricoperto la carica di Talent Leader di Deloitte Italia dal 2011 al 2015 ed è partner dal 2000. È membro del Board di American Chamber of Commerce e di ISPI. Negli anni ha maturato esperienze significative nel coordinamento di attività di revisione in alcuni tra i principali gruppi industriali nazionali ed internazionali, operanti in diversi settori di business. Ha conseguito la laurea in Economia e Commercio presso l'Università La Sapienza di Roma.