Posted: 02 Dec. 2022 6 minuti Tempo di lettura

COP27, tra giustizia climatica e ambizioni mancate

Si è da poco conclusa la 27° Conferenza delle Parti (COP27) della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (UNFCC), tenutasi dal 6 al 20 novembre a Sharm el-Sheikh.

Come abbiamo scritto prima dell’apertura dei lavori, questa edizione della COP si è svolta in un contesto geopolitico assai complesso e delicato. Non solo, ha ereditato dalla precedente edizione di Glasgow numerose questioni ancora aperte, legate alla mitigazione e all’adattamento, al mercato volontario del carbonio, alla finanza climatica e al sistema di responsabilità, risarcimento e compensazione per i danni causati dal cambiamento climatico (il cosiddetto Loss&Damage).

In un messaggio video registrato al termine dei lavori, il Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres ha riassunto i due grandi temi di questa COP: la giustizia e l’ambizione, ammettendo, in sintesi, come sulla prima si siano fatti passi avanti, mentre sulla seconda rimanga ancora molta strada da fare. 

L’istituzione di un fondo Loss&Damage è stato senza dubbio uno dei traguardi più importanti di Sharm el-Sheikh. Dopo trent’anni di discussioni sul tema, si è infatti riusciti a riconoscere la responsabilità prevalente dei paesi sviluppati e la conseguente necessità di compensare e risarcire quelli in via di sviluppo, che sono in genere i più colpiti dalla crisi climatica globale. La COP28 di Dubai avrà dunque il compito di trasformare il traguardo politico in uno strumento operativo, stabilendo cioè da dove dovranno provenire i fondi, oltre che i criteri di valutazione e attribuzione. Si avvia così l’istituzione di un terzo pilastro a sostegno dell’Accordo di Parigi, che affiancherà le azioni di mitigazione e quelle di adattamento.

Riguardo alla finanza climatica, si è registrato un comune riconoscimento della necessità di favorire un flusso di risorse più sostenuto in favore della transizione energetica e ambientale; tuttavia, va rilevato come non sia ancora operativo il fondo da 100 miliardi di dollari previsto dall’Accordo di Parigi, la cui concreta attuazione è dunque ulteriormente rimandata. Interessante l’invito fatto da Mia Mottley, Primo Ministro delle Barbados, all’International Monetary Fund e alla World Bank affinché prendano atto dell’emergenza climatica, e modifichino le loro modalità di intervento, in modo da garantire ai paesi in via di sviluppo risorse e strumenti di accesso ai fondi coerenti con le azioni che si rendono necessarie. 

Sul tema dell’adattamento, da registrare la proposta di un’Adaptation Agenda che definisce 30 obiettivi per migliorare le condizioni di vita delle persone che vivono in contesti vulnerabili. Tali obiettivi prevedono il coinvolgimento di soggetti, privati e non, in una serie di iniziative, appunto, di adattamento, da realizzare entro il 2030 e focalizzate su cinque driver d’impatto: cibo e agricoltura, acqua e natura, aree costiere e oceani, insediamenti umani, infrastrutture. In questo contesto, va segnalato come l’Italia non si sia ancora dotata di un Piano di adattamento ai cambiamenti climatici. Il Piano risulta infatti in fase di elaborazione dal 2016, e anche dopo l’aggiornamento al 2018 è probabilmente da ritenersi superato con riferimento all’evoluzione degli scenari climatici di riferimento. 

Sempre per quanto concerne l’adattamento, è di rilievo l’inclusione del riferimento alle Nature-Based Solutions (NBS) nella risoluzione di chiusura della COP27. Le NBS, proposte e poi archiviate durante la COP26 di Glasgow, potrebbero infatti giocare un ruolo cruciale nella lotta contro il cambiamento climatico. Questa è una prima testimonianza dell’accresciuto interesse nei confronti delle tematiche connesse alla biodiversità e al capitale naturale, nonostante manchi un esplicito riferimento all’imminente COP15 e all’urgenza di un accordo ambizioso per la tutela della biodiversità.

Per quanto riguarda la mitigazione, rimangono invariati gli obiettivi definiti durante la COP26 di Glasgow: è stata infatti nuovamente ribadita la necessità di non superare 1.5°C rispetto al livello pre-industriale, accelerando lo sviluppo, la diffusione e l’adozione di nuove tecnologie, e prevedendo ulteriori azioni per rispettare gli obiettivi di contenimento delle emissioni di gas serra già entro il 2030. È però su questo punto che la COP27 ha maggiormente deluso, poiché non sono stati assunti impegni coerenti per il conseguimento di tali obiettivi. Lo stesso presidente della COP27, il Ministro degli Esteri egiziano Sameh Shoukry è stato chiaro su questo punto, lamentando la scarsa ambizione registrata nel corso dei lavori, nonostante il Global Carbon Budget abbia affermato che senza un piano per ridurre drasticamente le emissioni globali, le possibilità di contenere l’aumento delle temperature a 1,5°C si dimezzeranno già nel 2031. 

Anche sul fronte relativo al mercato volontario del carbonio la COP27 non ha conseguito risultati degni di nota: questo tema dovrà necessariamente essere ripreso dalla COP28, anche in ragione degli impegni assunti a Glasgow.

In un contesto geopolitico assai difficile, Sharm el-Sheikh ci consegna dunque risultati di natura politica e prospettica, più che operativa e fattuale. Una tappa che non possiamo definire allineata alle aspettative e alle urgenze, nel cammino ormai ultradecennale dei negoziati multilaterali per l’azione globale contro il cambiamento climatico.

Scopri di più sugli autori

Stefano Pareglio

Stefano Pareglio

Presidente | Deloitte Climate & Sustainability

Stefano Pareglio è professore ordinario all’Università Cattolica del Sacro Cuore, dove insegna Economia politica ed Economia dell’ambiente e delle fonti energetiche. Ha partecipato a più 80 progetti di ricerca nazionali e internazionali in materie economiche, econometriche e gestionali. Autore di oltre 130 pubblicazioni, è membro di editorial board e di associazioni scientifiche internazionali di economia urbana, regionale e ambientale, è referee per numerose riviste scientifiche ed è stato relatore a congressi, convegni e conferenze. Ha diretto centri e programmi di ricerca presso Fondazione Lombardia Ambiente (1999-2014), Università Cattolica (2006-2020), Fondazione Eni Enrico Mattei (2016-2021). È stato membro del Consiglio di Sorveglianza (2012-2014) e del Consiglio di Amministrazione di A2A SpA (2014-2017), del Consiglio di Amministrazione di Azienda Trasporti Milanesi – ATM SpA (2017-2021) e di Avio spa (2020-2021).

Daniele Strippoli

Daniele Strippoli

Partner | Deloitte Climate & Sustainability

Daniele coordina i servizi di Decarbonizzazione ed Economia Circolare in Deloitte Climate & Sustainability. È un Dottore Agronomo con 20 anni di esperienza maturata nell’ambito dell’ingegneria ambientale e della consulenza di sostenibilità. Ha un background tecnico in ambito di previsione, mitigazione e gestione degli impatti ambientali e sociali di piani, progetti e realtà operative per i più svariati settori industriali, maturato a livello internazionale (portafoglio progetti in più di 30 paesi) secondo i criteri di finanziabilità delle principali istituzioni finanziarie (WB/IFC, EBRD). In questo contesto ha maturato un’esperienza trasversale rispetto alla gestione delle emissioni atmosferiche, risorse idriche, rifiuti e biodiversità. Daniele ha anche coordinato estese attività di coinvolgimento dei portatori di interesse e accompagnato player di rilevanza mondiale nel settore energetico, in merito alle sfide di transizione energetiche, di innovazione rispetto a temi di sostenibilità/biodiversità, e di adattamento ai cambiamenti climatici.