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Roberta Allievi

Leggiamo l’intervista di Roberta, Strategy e Analytics Senior Consultant in Deloitte Consulting e appassionata di equitazione, che pratica a livello agonistico sin da quando era piccola.

Ciao Roberta, parlaci di te e del tuo lavoro in Deloitte.

Sono entrata in Deloitte a settembre 2019, poco tempo fa onestamente, ma abbastanza per sentirmi parte di questa realtà.
Prima di approdare qui avevo già deciso che avrei cambiato azienda, perchè mi ero resa conto che il mio percorso di crescita si era praticamente azzerato: lavoravo sempre per lo stesso cliente e per lo stesso progetto, accorgendomi solo alla fine che mi stavo precludendo troppe possibilità.
Deloitte mi ha dato la possibilità di entrare in un’area in cui inizialmente non avevo che conoscenze base e di seguire subito un progetto con una forte componente internazionale (lavoro tra Parigi e Dublino).
In questo contesto sono riuscita a vendere un progetto da Senior Consultant a un prospect costruito nel mio lavoro precedente e i miei referenti mi hanno dato grande soddisfazione e autonomia, con la possibilità di gestire diverse persone anche durante la predisposizione di offering, PoV (Proof of Concept) e PoV (Proof of Value).

Da quanto tempo pratichi equitazione e cosa hai imparato da questi anni di esperienza?

Ho iniziato a praticare questo sport all’età di 5 anni e dai cavalli ho imparato molte cose: dedizione, responsabilità, impegno, cura, gestione delle criticità.
L’equitazione non è uno sport come altri, perché di mezzo c’è un essere vivente che ha oggettivamente bisogno di te. Se io non riuscissi ad andare in scuderia, per esempio, dovrei accertarmi che qualcuno si possa occupare del mio cavallo. Questo può accadere per “la riunione dell’ultimo secondo” o perché il mio responsabile ha bisogno di me o, più banalmente, perché sono in vacanza o in trasferta.
Se il cavallo dovesse stare male (perché i cavalli sono gli animali più fragili che io conosca), non esiste il sabato sera, ma paradossalmente nemmeno la riunione delle 8:30 del mattino. Perché se c’è di mezzo una colica, una gastrite, una qualsiasi altra cosa io devo esserci, anche alle 3 del mattino, perché è un impegno, una decisione che ho preso consapevole degli “sbattimenti”, e che porto avanti con costanza da 25 anni.
È uno sport dove non ci sono weekend né ponti, dove il martedì è uguale alla domenica perché il cavallo deve uscire lo stesso e bisogna avere sicuramente una grande passione per dedicargli il tempo e le cure necessarie e, contemporaneamente, non tralasciare il lavoro o la vita privata.
Il mio “motto”, se così si può definire, è “faccio le cose e le faccio bene, altrimenti non le faccio” e mi rendo conto che è una regola che seguo in tutti i percorsi che intraprendo e che mi consente di affrontare le cose belle (ma anche faticose) della mia vita, come il lavoro, lo sport e la gestione dei rapporti interpersonali, sempre con una gran motivazione.

Come riesci a conciliare la tua passione sportiva con il tuo lavoro?

Come concilio lavoro e vita privata (cavallo)?
Molto semplice, mi do da fare e non mi lamento.
Ovviamente quando ero piccola mi portavano i miei genitori e ho fatto affidamento al loro supporto. Poi ho proseguito sulle mie gambe, ad esempio all’università dove avevo molto più tempo, mi dilettavo come istruttrice per i bambini. Ora invece con il lavoro è importante per me gestire il tempo in maniera maggiormente “predittiva”.
Quando sono in trasferta per fortuna posso fare affidamento al mio istruttore, mentre quando sono a Milano gestisco le mie giornate sulla base dei carichi di lavoro. Alcune volte, nella prospettiva di un logout dal pc post dinner, vado in scuderia la mattina alle 6.30, altri giorni invece esco per le 19 per andare la sera. Quando il tempo me lo ha consentito, mi prendevo una giornata in smart-working e lavoravo direttamente dal maneggio. Per questa cosa, devo solo dire grazie a Deloitte. Perché non importa dove siamo, la differenza sta in ciò che facciamo e soprattutto come lo facciamo.

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