L’Ecosistema dello Sport

Comunicati stampa

“L’Ecosistema dello Sport”

Per rispondere al cambiamento delle nuove esigenze del mondo sportivo

Presentato l’Osservatorio LUISS – Deloitte per l’Etica, lo Sport e l’Economia

Come l’industria dello Sport può essere modello di sviluppo economico per l’Italia e quali sono le soluzioni per valorizzare i business nel mondo del calcio. Di questo si è parlato oggi alla LUISS in occasione della presentazione del primo Osservatorio per l’Etica, lo Sport e l’Economia che l’Università intitolata a Guido Carli ha lanciato insieme a Deloitte. Obiettivo dell’Osservatorio: fornire gli strumenti necessari per promuovere una maggiore consapevolezza del ruolo sociale ed economico nello sport industry. Per l’occasione è stata presentata la ricerca “Il calcio in Italia: fenomeno sociale e business da valorizzare”, a cura di Deloitte.

Negli ultimi anni lo sport, e soprattutto il calcio, è profondamente evoluto anche dal punto di vista economico-industriale fino a costituire nella società moderna un vero e proprio business. Solo nel 2017, il calcio italiano ha prodotto un fatturato di circa 3,3 € miliardi e ha contribuito al Fisco per un importo pari a circa 1,1 € miliardi. Allo stesso tempo però i Club di serie A generano complessivamente meno ricavi rispetto alle altre principali Leghe europee (es. 2,1 € mld vs. 5,3 € mld in Premier League) e non sempre siano in grado di generare utile (60% dei Club vs. 90% in Premier League).

A parlarne oggi: il Direttore Generale dell’Ateneo, Giovanni Lo Storto, il Prorettore alla Didattica, Roberto Pessi, il Presidente del Credito Sportivo, Andrea Abodi, il Senior Executive Monitor di Deloitte, Cristiano Gianni, l’allenatore della squadra di calcio LUISS, Roberto Rambaudi, e numerosi stakeholder partner delle attività dell’Associazione Sportiva LUISS, tra i quali: Intesa Sanpaolo, Oracle, UnipolSai, Volvo, Eurosport e Infront

Dal punto di vista economico, lo sport rappresenta un’industria di assoluta rilevanza all’interno del Sistema Paese, che richiede da parte degli operatori di business una importante revisione del proprio modello di business. Stando agli ultimi dati disponibili, in Italia si stimano circa 35.000 imprese operanti nel settore dello sport ed oltre 100.000 addetti (0,53% lavoratori occupati nello sport sul totale degli occupati in Italia vs. 0,76% a livello europeo). Le imprese attive generano complessivamente un valore aggiunto pari a 4,5 € miliardi e un fatturato di circa 14 € miliardi.

La nascita di un Osservatorio dedicato allo studio e all’analisi dei grandi eventi sportivi offrirà una visione sui nuovi modelli di business utili per il settore che, in un contesto economico e sociale particolare, necessita di una spinta verso l’innovazione attraverso cui sfruttare a pieno le reali potenzialità delle società sportive italiane, per generare nuove linee di ricavi, nuove modalità di finanziamento e ottenere maggiori risultati sportivi. A partire dalla stagione 2018-2019, quindi, l’Associazione Sportiva LUISS, in collaborazione con Deloitte, aggiunge alle attività sportive e didattiche Osservatorio per l’Etica, lo Sport e l’Economia, uno strumento informativo indispensabile sul tema della cultura etica sia nello sport che nell’economia, in grado di fornire validi supporti teorici e pratici alle politiche sociali e in grado di incrementare la conoscenza di ogni fenomeno sportivo attraverso un accertamento rigoroso dei fatti.

Il calcio in Italia: fenomeno sociale e business da valorizzare

Il primo workshop “L’Ecosistema dello Sport” si focalizza sulla crescita e lo sviluppo dello sport, soprattutto nella sua accezione economica, sociale, educativa e culturale. Nel corso della mattinata, è stata presentata la ricerca DeloitteIl calcio in Italia: fenomeno sociale e settore da valorizzare”.

Lo sport ha da sempre avuto un forte “impatto sociale” e influenza le abitudini e i comportamenti dell’individuo lungo tutta la sua vita: da bambino, da adulto e da genitore. È, inoltre, uno strumento di aggregazione ed inclusione, in grado di abbattere ogni tipo di barriera sociale e fisica.

Negli ultimi anni, il settore calcio è profondamente evoluto anche dal punto di vista economico: solo nel 2017, il calcio italiano ha prodotto un fatturato di circa 3,3 € mld e ha contribuito al Fisco per un importo pari a circa 1,1 € mld. Oggi costituisce un settore industriale di valore, che affronta sfide equiparabili a quelle di ogni altro settore industriale del Paese come, ad esempio, la globalizzazione, la raccolta di capitali esteri, un fatturato significativo, ecc. Solo per inquadrare il fenomeno, si pensi che il Manchester United presenta un fatturato simile a quello di Ducati (680 € mln vs. 750 € mln).

“Il Calcio oggi – sostiene Cristiano Gianni, Senior Executive Monitor Deloitte – rappresenta un vero e proprio settore industriale. Globalizzazione (in Premier League, 12 Club su 20 sono finanziati da proprietari non inglesi), dimensione dei fatturati (es. fatturato Manchester United assimilabile a quello di aziende più tradizionali, come Ducati: 680 € mln vs. 750 € mln) ed Innovazione (es. nel 2030 avremo arbitri robot?), sono solo tre esempi delle numerose sfide che devono affrontare i Club per rimanere competitivi”.

All’interno di tali sfide, l’innovazione necessita di essere gestita adeguatamente, poiché impatta tutti gli aspetti, sportivi ed economici, del fenomeno calcio e offre nuove ed importanti opportunità in termini di metodi sportivi, modalità di generare ricavi, modalità di finanziamento/ investimento, modalità per “scovare talenti” e modalità di “fare sport” (eSports). Non è un caso che Amazon Prime e Netflix abbiano da poco lanciato alcune serie rispettivamente dedicate a Manchester City e Juventus o ancora che la Intel Extreme Masters World Championship 2017 (evento di eSport) abbia registrato circa 1,5 volte gli spettatori del discorso inaugurale di Donald Trump.

Se da un lato il calcio è ormai equiparabile ad ogni altro business, dall’altro lato, presenta anche alcune peculiarità di settore (es. incertezza su investimenti e valore degli asset, meccanismi concorrenziali atipici, elevata esposizione mediatica, …), che ne influenzano peraltro il raggiungimento dei risultati sportivi.

In tale contesto, il movimento calcistico italiano, dopo aver vissuto anni gloriosi, sta attraversando oggi un periodo storico di “transizione”, caratterizzato da risultati sportivi altalenanti (es. ultima vittoria della UEFA Champions League da parte di un Club italiano nel 2009/2010, «Azzurri» fuori dai Mondiali 2018 per la prima volta dopo 60 anni), in parte dovuti ad una dimensione economica ancora da sviluppare, soprattutto se confrontata con i peer delle principali Leghe europee. Si pensi, ad esempio, che il fatturato complessivo della serie A è decisamente inferiore a quello di altre Leghe (2,1 € mld vs. 5,3 € mld della Premier League) e che negli ultimi anni è cresciuto a tassi inferiori rispetto alle Top 5 leghe europee (5,6% vs. 9,8%). A titolo non esaustivo, ulteriori problemi del calcio italiano sono legati a stadi ormai obsoleti (solo 2 stadi costruiti negli ultimi 10 anni vs. 26 in Polonia) e poco saturi (54% serie A vs. 95% Premier League) e un’eccessiva dipendenza dai diritti TV (60% serie A vs. 34% Bundesliga).

Come valorizzare il calcio italiano nel contesto attuale? È necessario agire su due livelli: da un lato, i Club italiani sono chiamati ad intervenire su alcune leve strategiche (es. l’ottimizzazione dei ricavi da match-day, lo sviluppo di adeguati modelli commerciali, la capitalizzazione innovazioni tecnologiche, l’investimento su stadi di proprietà e all’avanguardia, …), tra cui la componente organizzativa e la capacità di pianificazione sono i fattori abilitanti per garantire loro una gestione economica sostenibile e una continuità sportiva. Dall’altro lato, tutti gli altri attori “in gioco” (Scuole/ Università, Istituzioni politiche, Istituzioni di categoria, Famiglie e Media) devono supportare il settore attraverso specifiche iniziative di sistema.

“L’evoluzione dell’attuale modello calcistico – sostiene Luigi Onorato, Senior Partner Monitor Deloitte – non deve essere considerato un affare esclusivo delle società sportive professionistiche e degli operatori specializzati. Al contrario, per valorizzare il calcio italiano nel nostro contesto, è necessario agire su due livelli. I Club sono tenuti ad evolvere il modello tradizionale di gestione delle società verso una logica industriale, definendo un assetto aziendale, in termini di risorse umane ed organizzazione, che, oltre alla gestione sportiva, permetta di loro di definire e realizzare un concreto piano di sviluppo. Un piano di sviluppo economico che, coerentemente con le caratteristiche del club, sia in grado di agire su alcune leve strategiche determinanti, quali ad esempio: lo sviluppo di nuovi modelli commerciali, l’ottimizzazione dei ricavi da match-day, la capitalizzazione delle innovazioni tecnologiche e l’investimento su stadi di proprietà. Dall’altro lato, sono necessarie iniziative di sistema perché il settore possa esprimere il suo valore ed evolversi. Iniziative di stimolo e supporto che richiedono il coinvolgimento delle istituzioni politiche e di categoria, ma anche Scuole/ Università, Famiglie e Media che possono contribuire a rafforzare il valore sociale della cultura sportiva”.

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